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Viaggio - Maggio 2022

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Boccaccio in un lontano 1348 definiva il viaggio come un “giro più o meno lungo attraverso luoghi e paesi diversi dal proprio, con soste e permanenze di varia durata, per vedere, conoscere, imparare, divertirsi”.

Questo “giro” mi ha sempre affascinato. Le ragioni sono innumerevoli e, quasi incredibilmente, arrivano a comporsi in un modello che assume un preciso significato manageriale, sia in una prospettiva metaforica che di crescita delle persone.

Cerco di spiegarmi passando brevemente in rassegna alcuni dei motivi per cui amo viaggiare.

Una ragione sta in quel senso di sfida che il viaggio porta con sé indipendentemente dalla durata e dall’entità dello spostamento.

La prima sfida si incontra con la preparazione della valigia: cosa mettere e cosa non mettere dopo aver studiato il clima prevalente del periodo per il luogo che s’intende raggiungere?  Sfida apparentemente semplice ma non così facile da vincere.

Se il viaggio è in auto il problema della valigia si ferma qui, ma se fosse in aereo o in pullman il tutto si complicherebbe un po’ per il calcolo del rischio di smarrimento bagagli con la necessità di definire il kit di “sopravvivenza” da portare con sé in un bagaglio a mano.

Le sfide poi continuano con gli immancabili ostacoli che ci si trova a dover superare nel percorso che porta al treno, all’aereo o a quant’altro, ostacoli che mettono duramente alla prova la capacità di usare il tempo e a di affrontare gli imprevisti.

Giunti sul luogo ci si misura poi con la propria capacità di orientamento e con difficoltà che aumentano progressivamente al passaggio da luoghi dei quali si possiede la lingua, ad altri vissuti con lingue e segni ben lontani da quelli posseduti o dal quasi classico inglese.

Certo l’elenco delle sfide potrebbe continuare. Ognuno potrebbe allungare questa sintetica lista che, comunque, è già sufficiente a mostrare come il viaggio apra le porte all’abilità di vivere e affrontare il rischio con quanto si ha a disposizione.

Una seconda ragione per la quale trovo bello il viaggiare sta nella distensione che il viaggio diffonde nella sua fase di progettazione, quando ci si immerge nello studio dei luoghi e dei percorsi che porteranno alla meta desiderata, nel contesto della storia e delle abitudini delle persone che abitano quei territori. È una fase che apre le porte alla fantasia e alla creatività se si riesce a sfuggire all’affanno dei preparativi e della rincorsa continua delle attività alle quali si è chiamati prima della partenza.

Un terzo motivo per cui amo viaggiare sta nell’arricchimento in conoscenza che il viaggio porta con sé per la possibilità che dà di calarsi, pur con tutte le difficoltà del caso, nella realtà del luogo che si sta visitando. E’ in questo modo che il viaggio apre all’apprezzamento dei valori della diversità, dell’ascolto e del rispetto, elementi fondanti ogni percorso di crescita delle relazioni umane.

Ma mi piace viaggiare anche per lo stupore che si prova in certe circostanze nel rimirare spettacoli della natura, del paesaggio o di costruzioni umane indescrivibili per la magia, il fascino e la meraviglia che esprimono nella loro originalità naturale, culturale o artistica che fornisce linfa vitale all’immaginazione, risorsa fondante ogni processo innovativo.

Senza dimenticare che è bello viaggiare anche per il distacco dalla routine e dal mondo connaturato a questa scelta. Distacco che pone in secondo piano gli affanni della quotidianità per lasciare spazio a pensieri liberi e capaci di plasmare un’idea che magari era lì sospesa, ma che stentava ad uscire perché forse troppo stravagante rispetto all’opinione comune che le aveva sempre impedito di rivelarsi.

Insomma il viaggio raccoglie in sé tanti aspetti e lo si può apprezzare da una molteplicità di punti di vista. Il viaggio è incontro, ascolto, socializzazione, arricchimento culturale. È apprezzamento della diversità, curiosità, immaginazione, creatività, capacità di gestire l’imprevedibile, è sinergia di pensiero.

Come tale, se lo si legge in una prospettiva aziendale, lo si intravvede nella sua natura di naturale palestra manageriale, fonte primaria di competitività per un’impresa che nel suo continuo esplorare le “strade del mondo” desidera costruire solide relazioni innovative.

Di certo un welfare aziendale orientato a sostenere il viaggiare di chi vive l’azienda non si muoverebbe nell’area dei costi, bensì in quella degli investimenti sul futuro.

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