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Territorio - Febbraio 2022

territorio 2Il vocabolario della lingua italiana definisce il territorio come un’area delimitata, una porzione di terra collocata in un ambito spaziale più vasto.

La definizione in sé è molto chiara, ma non rivela la varietà di significati che la forza evocativa di questa parola porta con sé nel linguaggio di tutti i giorni. Varietà che emerge agli occhi di chi lo osserva e lo vive per motivi sociali, professionali o politici e che ne rivela il carattere polisemico.

Il naturalista, l’ambientalista, il geografo, il cartografo, il pedologo, il politico, l’amministratore locale, come pure l’urbanista, l’architetto, l’economista, il manager, l’imprenditore, il cronista, ma anche la gente in genere, tutti hanno una loro particolare visione del territorio, tutti usano il termine con un loro proprio significato. Così, il naturalista lo legge nelle componenti ambientali di flora e fauna, l’ambientalista in quelle dell’equilibrio degli eco-sistemi naturali, il cartografo nei tratti che ne danno una rappresentazione su un piano, il geografo nelle componenti fisico-naturali oltre che politico-economiche che lo contraddistinguono e così via.

L’economista, il manager e, a volte anche, l’imprenditore, in diretta connessione con l’etimo latino della parola, territor, che sta per possessore della terra, hanno considerato lungamente – e a tratti ancora lo fanno -  il territorio alla stregua di una semplice risorsa da sfruttare. Uno spazio fisico in cui localizzare le attività produttive, in ragione di alcune sue caratteristiche di tipo naturale o agglomerativo, connesse, queste ultime, alle condizioni evolutive, sociali e infrastrutturali che lo contraddistinguono. Uno spazio verso il quale magari ci si poteva dirigere anche solo perché attratti da una serie di interventi correttivi di tipo economico-finanziario, volti a renderlo appetibile in termini di convenienza economica, grazie a strategie di riequilibrio dello sviluppo locale tracciate dalla politica economica nazionale o da scelte di enti territoriali, quali le regioni e le municipalità.

In questa prospettiva il territorio appare agli occhi dell’impresa come un mero fattore produttivo, luogo del tutto privo di identità e specificità, una risorsa da sfruttare, quasi si trattasse di una miniera da scavare. Ed è questa la concezione che è stata alla base delle scelte di delocalizzazione produttiva dirette alla ricerca di una efficienza economica, derivante dal minor costo del lavoro che si registrava in aree meno sviluppate rispetto a quella di provenienza.

Estremamente limitativa appare però una visione economica che considera il territorio alla stregua di un oggetto. Invero, i processi di sviluppo territoriale locale, e in particolare i processi di sviluppo dei distretti industriali, che tipicamente hanno contraddistinto la nostra economia nazionale, hanno posto in rilievo un fatto che si pone ben al di là di valutazioni squisitamente economico-finanziarie.

Gli studi condotti su questi percorsi di sviluppo hanno, infatti, posto l’accento su un connotato dei territori che la logica economica aveva portato ad offuscare: nei processi di sviluppo locale le imprese nascono in una determinata area e non in un’altra perché le persone che vivono in quell’area ne sanno interpretare lo “spirito”, il suo genius loci, ne “respirano la vitalità” e ne vivono l’“atmosfera creativa”.

Da questo punto di vista, il territorio si rivela come sede della memoria delle generazioni che l’hanno attraversato, vissuto, costruito a volte distrutto, poi ricostruito e comunque modificato, proponendosi come patrimonio di storie, unico e irripetibile, come un forziere di valori, conoscenze, cultura. Nelle parole di Giacomo Becattini, “una molla caricata nei secoli”.

Il territorio, invero, è la gente che lo abita con i propri usi e costumi, l’ambiente naturale che lo caratterizza, la storia che lo ha plasmato, le risorse che possiede, le bellezze artistiche che lo costellano, le attività economiche che lo animano, la visione politica che lo guida, le connessioni tra la varietà dei soggetti e delle organizzazioni che lo popolano.

E’ il luogo in cui le persone amano vivere. E’ il luogo nel quale si estende il respiro della fabbrica al di là dello stabilimento che ne custodisce il processo produttivo, per generare e raccogliere sinergie creative dirette alla produzione di competitività e diffusione di benessere condiviso (Giovanni Bonotto).

Il territorio è una realtà viva e in movimento che si modifica sulla base delle relazioni che si realizzano tra i soggetti che lo compongono e che lo trasformano continuamente, dotandolo di una precisa identità.

Così, il territorio da realtà inanimata, da oggetto, si propone come “soggetto vivente ad alta complessità, esito di processi co-evolutivi sinergici fra insediamento umano e ambiente” (Alberto Magnaghi), soggetto che, come tale, partecipa alla co-creazione di valore alla pari delle persone, delle organizzazioni e delle strutture che lo popolano.

L’impresa è a tutti gli effetti parte vitale del territorio e rappresenta una delle componenti fondamentali dell’eco-sistema territoriale che può scaturire dalle connessioni tra l’ambiente naturale, la memoria storica del luogo, il divenire antropico che l’ha caratterizzato e i soggetti che vi agiscono in relazione all’armonia di intenti e alla coralità di azione che sapranno esprimere.

Il vissuto dell’impresa centenaria è testimonianza centrale di questa realtà.

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