Sicurezza/Ottobre 2021
Una delle possibili definizione di questo termine ci dice che sicurezza è “la condizione che rende e fa sentire di essere protetti da pericoli o che dà la possibilità di prevenire, eliminare o rendere meno gravi danni, rischi, difficoltà, evenienze spiacevoli” (Vocabolario Treccani).
Dal punto di vista etimologico il termine deriva dal latino securus, senza preoccupazioni, e sta ad indicare la condizione di chi avverte una situazione di tranquillità in determinati momenti e nei confronti di possibili accadimenti.
La valutazione del grado di sicurezza si caratterizza, dunque, per una dimensione del tutto personale fondata sulla percezione della possibilità che si manifestino determinati fatti, così due persone di fronte alla stessa situazione possono percepire livelli di sicurezza affatto diversi.
Nel sentire diffuso della nostra epoca la parola sicurezza era un po’ uscita dal linguaggio comune, in quanto evocativa di una condizione data pressoché per scontata.
D’un tratto, nel volgere di questi ultimi anni è tornata alla ribalta delle cronache perché netta è divenuta l’evidenza che ciò che si dava per acquisito tale non era.
L’attacco alle torri gemelle di New York nel 2001, la crisi economica mondiale del 2008, la stagione degli attentati dell’Isis avviatasi nel 2015 a Parigi, la pandemia da Covid 19 nel 2019, l’incombente crisi climatica con la quotidianità delle emergenze che produce, la diffusione di conflitti in diverse parti del mondo, le migrazioni bibliche con i problemi sociali che portano con sé l’hanno riportata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica.
Questa nuova centralità del termine non è connessa solo a fatti di ampio respiro come quelli citati, ma anche ad altri ben più vicini alla quotidianità di vita delle persone. Si pensi al crollo del ponte Morandi, alla caduta della funivia del Mottarone e alla inaccettabile dimensione degli incidenti mortali sul lavoro, tutte vicende che ben poco hanno a che vedere con la fatalità.
Evidenti sono le differenze tra i vari accadimenti citati, come pure il loro impatto sulla comunità e sui soggetti preposti ad affrontare le situazioni che ne derivano con scelte politiche e personali.
Evidente è anche il fatto che nello spazio di questa “conchiglia” non si può certo pensare di affrontare questi temi nella loro complessità.
Si può però provare a gettare un cono di luce su uno tra i fatti citati che più di altri chiama in causa l’impresa e che reclama a gran voce attenzione: gli incidenti sul lavoro ed in particolare gli incidenti mortali.
Dai dati provvisori forniti dall’ Inail si apprende che nei primi 8 mesi del 2021 nel nostro Paese hanno perso la vita sul lavoro 772 tra lavoratori e lavoratrici. Al momento, sulla base dei dati provvisori, il numero si presenta “statisticamente” in flessione rispetto all’anno precedente, ma con valori che si collocano tra i 3 e i 4 casi di mortalità giornalieri nella media dei due anni. Dato quasi incredibile nella sua dimensione e drammaticità.
I rischi sui posti di lavoro sono molteplici e legati alle diverse tipologie di attività, così pure come le cause degli incidenti che si presentano in una varietà di forme, tra le quali spiccano l’inosservanza delle norme di sicurezza, la fretta, lo stress, la scarsa esperienza, il malfunzionamento di macchinari, la sottovalutazione dei rischi.
Per fronteggiare questa situazione esiste una puntuale normativa, recentemente arricchita da provvedimenti del governo volti a contenere quelle che ormai a tutti gli effetti definite sono “stragi sul lavoro”.
Tuttavia è lecito chiedersi se bastino l’inasprimento delle sanzioni per violazioni in materia di sicurezza sul posto di lavoro e l’aumento dei controlli e della vigilanza per incidere a fondo su questa piaga.
Invero, le norme e i controlli, pur con tutti i loro limiti di carenze nell’ organico, fanno parte da tempo del vissuto quotidiano delle imprese e questo non ha contribuito a contenere più di tanto questi eventi.
La sicurezza non scaturisce, infatti, solo dai controlli per corretti e puntuali che possano essere.
La sicurezza prima di tutto scaturisce da scelte personali che non possono essere controllate nel continuo da autorità esterne. In particolare, scaturisce da come l’imprenditore e il lavoratore vivono il loro ruolo in impresa, nella consapevolezza, o meno, di essere parte di quella che a tutti gli effetti è “un’opera d’arte collettiva vivente” alla quale tutti danno il proprio contributo.
Un’opera destinata a perdurare nel tempo e non solo a produrre profitti nel breve in una logica del tutto e subito e che vede la sicurezza come elemento centrale di una sostenibilità organizzativa a fondamento della costruzione di un futuro della compagine aziendale proiettato nella ricerca di armoniose relazioni con tutti gli stakeholder dell’impresa.
E questa è una condizione che si percepisce chiaramente camminando all’interno delle imprese centenarie.
Premiare queste scelte e non solo perseguire l’inosservanza delle norme potrebbe aprire nuovi sentieri a sostegno della sicurezza sul posto di lavoro.