Diversità - Agosto/Settembre 2021
La parola scelta per questa conchiglia si caratterizza per un suo fascino discreto, perché raccoglie in sé contemporaneamente entusiasmi e paure. Entusiasmi per ciò che di nuovo può far balenare, paure per ciò che potrebbe spingere ad abbandonare, lasciando i terreni sicuri e consolidati della normalità alla quale si è abituati.
Questo è dovuto in larga parte al fatto che culturalmente la diversità tende ad essere definita per negazione della normalità, cioè di ciò che è conforme alla norma, alle regole condivise, all’opinione comune, rispetto alle quali appare come tutto ciò che non è normale, quasi si trattasse di un qualcosa portato dalle ali di un vento che non può che generare scompiglio.
Si è creato in questo modo il terreno per una facile diffusione di atteggiamenti di diffidenza e di discriminazione nei confronti delle differenze di etnia, di religione, di orientamento sessuale, di età, di pensiero, di cultura e di abilità con il risultato di perdere tante opportunità di arricchimento reciproco dall’incontro delle differenze di ognuno.
E’ chiaro che si è di fronte ad un evidente paradosso, in quanto la normalità culturale di oggi altro non è che il frutto del confronto e della sintesi delle diversità di ieri e le diversità di oggi altro non sono che il motore della normalità di domani.
Aspetti questi ben evidenti nelle attuali discussioni politiche sullo ius soli nelle quali, dopo i successi interculturali colti dal Paese alle olimpiadi di Tokio, emergono evidenti i tratti del nuovo che tenta di affermarsi nei confronti di una normalità che appare superata nei suoi contenuti.
In realtà, la diversità è in natura. Ogni essere umano è unico, irripetibile e diverso, mentre la normalità è una costruzione mentale che si forma con il divenire culturale delle persone, dei popoli e delle loro organizzazioni. La diversità è, dunque, la norma ed è questa che apre al terreno dell’innovazione, del cambiamento e del progredire.
Nel pensiero manageriale diffuso nelle imprese che si propongono di vincere il tempo è ben presente la consapevolezza che la ricerca della competitività passa dalla necessità di dialogare con la diversità, per cogliere ciò che propone a fini innovativi nella sua molteplicità e varietà di visione.
E’ in questo modo, infatti che l’impresa si rafforza in conoscenza, modi di essere, senso di sé, abilità, apertura mentale, fiducia, creatività e approda alle sinergie connesse all’azione combinata di una varietà di elementi “capace di produrre … un risultato maggiore della mera sommatoria delle singole forze, o componenti, costituenti l’azione stessa” (G. Panati).
Obiettivi conseguibili nel momento in cui l’impresa accosta al proprio patrimonio culturale di normalità, definito da parole quali efficienza, economicità, velocità e profitto, un patrimonio culturale di diversità, definito da parole inusuali per le tecniche manageriali quali ascolto, rispetto, generosità, altruismo, curiosità, lentezza, fantasia.
Invero, è l’aprirsi a questo approccio che può liberare il valore racchiuso in quella “convivialità delle differenze” (Luigi Adami) che sola è capace di sostenere l’impresa nella realizzazione dei cambiamenti richiesti dalle incessanti sfide proposte dalla complessità ambientale.